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La Chiesa del Rosario

Ci troviamo ai margini del Quartiere Saraceno, una sorta di Kasba (cittadella) a servizio del Castello arabo di Zabut, nella parte settentrionale del paese.

Da un’edicola votiva contro ogni superstizione alla Chiesa attuale

Tra questi vicoli, secondo la tradizione, di notte, si aggiravano le anime dei Saraceni sepolti vivi nelle segrete della fortezza. All'inizio del XVI secolo, i Padri Gesuiti, arrivati a Sambuca per eliminare la superstizione e la credenza nei fantasmi, per superare tali paure, costruiscono con la raccolta delle elemosine un'edicola votiva: sulla parete è dipinta un'immagine della Madonna della Scala, che diventa miracolosa. La popolazione, nel frattempo, aumenta; cresce la devozione verso la Madonna della "Scalidda" e si fa spazio sempre più il desiderio di costruire, al posto della cappella, una chiesa dedicata a Maria. Grazie alle molte elemosine dei fedeli, accesi da gran fervore per i molteplici miracoli ottenuti rivolgendosi alla Madonna dell’edicola votiva, tra il 1554 e il 1664 un Gesuita fonderà in questo luogo l'attuale chiesa, dedicandola alla Vergine del Rosario.

Stile sobrio e soluzioni architettoniche uniche

La pianta rettangolare della chiesa - a tre navate con arcate e volte piuttosto basse - conserva, col frontespizio, lo stile sobrio originale e l’austerità accumulata in quattro secoli di vita. E’ l’unica chiesa a Sambuca, insieme alla sola Chiesa di S.Michele, a presentare tre navate e tre ingressi frontali corrispondenti. La navata centrale è coperta da una volta a botte in gesso, ma esternamente la copertura è a doppia falda, rivestita da un manto di coppi siciliani.

Un’architettura unica nel segno di San Domenico

La chiesa, costruita da maestranze siciliane, è recintata da una cancellata artistica in ferro che immette nell'ampio sagrato in mosaico antistante il semplice prospetto. La pavimentazione bicroma in ciottoli - datata 1752 - raffigura nel medaglione centrale, marrone sul fondo bianco, lo stemma di San Domenico de Guzmàn, santo di origini spagnole, ideatore del “Rosario”: un cane con la torcia in bocca. Questa immagine è legata ad un racconto immaginifico secondo cui la madre di S.Domenico, al momento del parto, avrebbe avuto la visione di un cane, con una fiaccola fiammeggiante tra le fauci, che correva illuminando il mondo. I Domenicani, dal latino “Domini canes”, sono “i cani del Signore”, ossia i difensori della verità, che azzannano gli eretici e difendono il gregge di Cristo; il cane rappresenta la fedeltà al messaggio evangelico, mentre la fiaccola simboleggia la diffusione della Parola di Dio tra i fedeli e gli infedeli per opera dei Frati Predicatori.

Dettagli ottocenteschi nei rigorosi esterni del ‘600

La chiesa, in muratura portante di pietra arenaria e conci di pietra locale, architettonicamente un po’ tozza, ha proporzioni modeste. La facciata ha una struttura a capanna (suddivisa in tre fasce, una più alta e le due laterali più basse) ed ingloba, a destra dell'edificio, la torre campanaria a pianta quadrata, costruita tra il 1950 e il 1955, con, in cima, un loggiato quadripartito ad arcatelle doppie su ogni lato. Il portale d'ingresso è in conci di tufo scolpiti, inquadrato da due paraste, con sopra un timpano curvo spezzato al centro. Il portale inquadra un portone in legno di castagno intagliato, realizzato nel 1893 da un certo Mastro falegname Michele Viscosi: questi, per intavolarlo si servì di tre alberi di cipresso provenienti dalla selva del convento di Santa Maria di Gesù dei Padri Riformati. Le 16 formelle, scolpite finemente in bassorilievo, mostrano scene tematiche della vita del Santo (l’apparizione della Vergine del Rosario e la predicazione a un gruppo di eretici), insieme allo stemma domenicano, a putti, cornucopie, grottesche e mascheroni immersi in stupefacenti decorazioni floreali dentro una cornice con trecce di foglie d'acanto.

Un percorso tra gli affreschi e le tele della scuola pittorica siciliana

L’interno, con delicate decorazioni neoclassiche in stucco, è un rifacimento del 1837: agli inizi del XIX secolo, la chiesa fu, infatti, oggetto di un’intera campagna di restauri che interessarono tutto l’apparato decorativo del sacro tempio. Le specchiature della volta centrale sono affrescate con immagini raffiguranti il "Crollo delle Mura di Gerico", il "Passaggio processionale dell'Arca dell'Alleanza", la "Vittoria di Davide su Golia", il "Re Davide seduto sul trono" e la "Vittoria della battaglia di Lepanto". Lungo le navate laterali, le pareti sono arricchite da altari. Nel primo altare di destra si trova l'affresco della Madonna della Scala o “Scalilla” del XVI, realizzato nel 1500 per scongiurare la presenza, a ridosso del castello, di spiriti maligni e strane figure che, secondo le credenze popolari, si aggiravano nottetempo nel quartiere. La chiesa custodisce molte tele appartenenti alla tradizione della scuola pittorica siciliana del ‘600. Tra queste, prima del furto, vi erano anche due tele seicentesche: il "Noli me tangere", dagli influssi fiamminghi, che raffigurava San Domenico sullo sfondo di un paesaggio e un dipinto raffigurante l'Angelo Custode, opera del cappuccino Fra Felice da Sambuca. Il bell'armadio intagliato della sagrestia è oggi conservato nella Chiesa del Carmine, mentre la cripta della chiesa, destinata a sepoltura fino al 1886, conserva tuttora numerosi resti mummificati. Nel 1992 sono stati effettuati alcuni adeguamenti liturgici: l’aggiunta di un altare di forma rettangolare in legno con decori in oro sul prospetto e di un ambone in marmo (una colonna sormontata da un piano inclinato).

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