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La Chiesa di San Giuseppe

Ci troviamo sul Corso Umberto I, l’asse viario principale del paese, all'angolo con la Via Orfanotrofio. Qui nel 1661 fu costruita, ad opera della Confraternita dei Falegnami, la Chiesa di San Giuseppe, esempio del “barocco sambucese”. Da questa chiesa, ogni anno, il 19 marzo, ha inizio la processione per la festa del santo.

Gotico-siculo e neogotico degli esterni

Alla chiesa secentesca si accede da una scalinata che raccorda il portale d’ingresso col livello, più basso, del corso principale. Costruita in muratura portante in pietra arenaria mista locale, si presenta a pianta rettangolare, coperta esternamente da un tetto a doppia falda rivestito da un manto di coppi siciliani, che nasconde la copertura interna, a volta, dell’unica navata della chiesa. La facciata a fronte cuspidata (“a capanna”), in stile neogotico, è degli anni Trenta. Le sue linee cuspidate in stucco sono in sintonia col portale con arco a sesto acuto di stile chiaramontano tipico della Sicilia del 1300: proveniente da un’altra chiesa distrutta nelle campagne sambucesi, è stato qui riconfigurato. Sul prospetto, un rosone fa da stacco tra la nicchia ad arco a sesto - dove è collocata la statua in pietra del Santo titolare della chiesa - e l’angolo acuto del frontone.

La Chiesa e l’annesso orfanotrofio

Un tempo, alla Chiesa era annesso l’Orfanotrofio di S. Giuseppe, inizialmente ubicato accanto alla Chiesa del Rosario, nella casa d’abitazione di Giovanni Battista Cacioppo e della moglie Giovanna Pampilona, che nel 1655 per testamento l’avevano lasciata a 12 giovani fanciulle, loro parenti, rimaste orfane. Da quel luogo, considerato “remoto e mal sicuro fuori dell’abitato”, l’orfanotrofio fu trasferito poi nella casa del Sacerdote Don Antonio Di Majo, opportunamente adattata, sul corso principale, in quest’area centralissima della cittadina, accanto alla Chiesa di San Giuseppe.

Tra statue lignee, stucchi, marmi, tele e affreschi

L'interno, ad unica navata, custodisce una statua lignea di San Giuseppe del 1812 (opera di artigianato palermitano, dono del Marchese della Sambuca), straordinari affreschi di scuola palermitana e notevoli e delicati stucchi. Questi convergono verso lo straordinario affresco della volta, a cornice polilobata: "Lo Sposalizio della Vergine", opera di Fra' Felice, stimato pittore sambucese vissuto nel ‘700 e attivo in tutta la Sicilia e non solo. Sugli altari laterali, si trovano due tele dello stesso autore, raffiguranti "La morte di San Giuseppe", a destra, e "San Biagio", a sinistra. Nel presbiterio, separato dalla navata da due colonne in stucco, l'interessante apparato scenografico raccorda l'altare maggiore di stile barocco (in marmo policromo e con doppio ordine di colonne binate corinzie) con la scultura in stucco dell’Eterno Padre sulla parete dell’abside. L'impianto in stucco fa parte dell'esuberante struttura scenografica a più ordini realizzata nella metà del XVIII secolo - forse nel 1724, quando la chiesa fu benedetta dopo i lavori di restauro: questa è atttribuita ai fratelli Messina, stuccatori sambucesi formatisi alla scuola dei Serpotta e per tre secoli attivi in tutta la Sicilia occidentale. L'intero ambiente è caratterizzato da stucchi e cornici rifiniti in oro. Nel 1990 furono aggiunti l’altare ligneo con decoro in prospetto e un ambone in metallo.

Un’opera omaggio alla “suora dei miracoli”

La chiesa custodisce un dipinto di Francesco Bondì dedicato alla suora sambucese Vincenza Maria Amorelli, vissuta tra il 1737 e il 1824. Commissionato da un munifico sambucese è stato inaugurato nel 2014. Nel progetto iconografico del monumento alla religiosa, nota come “la collegina di Sambuca” e “la suora dei miracoli”, l’artista, che è anche autore dell’imponente pala d’altare di 40 mq nella Chiesa Madre di Menfi (2012), ha voluto mettere in evidenza la visione, che suor Vincenza ebbe nel momento del suo trapasso, di tre stelle sul suo cuscino (le tre virtù teologali). La composizione architettonica del trompe-l'oeil pittorico evoca lo stile architettonico del Fercolo di Maria SS. dell'Udienza, cui Suor Vincenza era devota. L'analogia tra le due architetture vuole sottolineare il dinamismo della “Chiesa in uscita” invocata da Papa Francesco: la Chiesa che va incontro al suo popolo, nel fercolo della Madonna dell'Udienza, e la Chiesa che avanza nei secoli, nel monumento a suor Vincenza. Lo stile teatrale della pittura illusionista del Settecento segue le linee stilistiche del presbiterio della Chiesa e approda a una continuità simbolica e architettonica per l'intera aula liturgica.

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