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Una facciata dal sapore rinascimentale siciliano

La facciata è del tipo rinascimentale, suddivisa in una fascia centrale più alta - con rosone e timpano in cima - e due laterali più basse, tutte inquadrate da lesene di ordine composito. Il portale d'ingresso è abbellito da paraste che reggono un arco e da colonne binate e architrave scolpite con motivi tipici della cultura rinascimentale (ad introdurla in Sicilia, la bottega di una celebre famiglia di scultori attivi nell’isola fra 1400 e 1500: i Gagini). A coronamento della facciata, un timpano spezzato con nicchia centrale.

La Chiesa di San Michele

Ci troviamo nel cuore storico di Sambuca, il suo quartiere arabo, sulla sommità della cittadina: un dedalo di vicoli perfettamente ristrutturati, che ricordano una vera e propria Kasbah araba, che da piazza Navarro si estende fin qui, al largo San Michele, per arrivare poi al Belvedere. Qui sorge la chiesa dedicata a San Michele Arcangelo, considerata per tradizione la seconda chiesa più antica di Sambuca, dopo quella di S.Giorgio.

Un cantiere in continua evoluzione

La chiesa, oggi a croce latina, a tre navate, con colonne quadrangolari che reggono volte a botte, fu fondata probabilmente subito dopo la cacciata dei Saraceni, nella prima metà del XIII secolo. Ma è nel 1596 con la ristrutturazione dell’edificio che si conclude la costruzione dell’intero frontespizio, finanziato da Giuseppe Amodei. Si realizzarono in questa fase il campanile, con la scala a chiocciola in blocchi concentrici di tufo arenario, e i tre portali della chiesa (uno per navata): la data di fine cantiere è nota per una scritta, riportata sul piedistallo della colonna vicina al portale; essa scomparve nel 1932, quando, dopo il crollo della volta delle navate centrale e destra, la chiesa fu restaurata fin nelle fondamenta. Intorno agli anni ‘50, la volta della navata centrale, danneggiata da un incendio, fu ricostruita grazie a due sorelle inseganti: Maria e Betarice Di Giovanna.

La Chiesa “dei due prospetti”

Alle tre navate della chiesa corrispondono tre ingressi frontali sul suo prospetto: una caratteristica che a Sambuca si rintraccia solo in San Michele e nella Chiesa del Rosario. La porta centrale, in realtà, all’atto della costruzione, si apriva sul fronte opposto, dove ora è l’abside, sulla stessa piazza in cui nel 1400 si affacciava anche la Chiesa di San Giorgio. Nel 1596 l’edificio fu modificato, capovolgendone l’orientamento: per questo quella di S.Michele è considerata la chiesa dai “due prospetti”. Il nuovo ingresso fu aperto, dunque, sul lato opposto, dove, un tempo, correva un bastione che chiudeva l’arabo nucleo abitato di Zabut. Questa soluzione si rese necessaria quando nel ‘500 sorse il Palazzo Truncali Panitteri ed ebbe inizio l’espansione del primo nucleo urbano, ma anche per rispettare la tradizione cristiana, allora rigorosamente osservata, di orientare le chiese ad Est (Versus Solem Orientem), dove sorge il sole (in cui si identifica Cristo). Il significato è facilmente comprensibile se pensiamo che la preghiera del “Benedictus” o Cantico di Zaccaria, tratta dal Vangelo di Luca e che si recita nella Preghiera delle Lodi, fa riferimento a un “sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell'ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace”, riferendosi proprio alla nascita di un Salvatore (Gesù Cristo).

Uno scrigno di preziose opere lignee e pittoriche

L'interno è decorato con stucchi e cornici, in particolar modo gli archi delle navate. La zona presbiteriale è caratterizzata dagli affreschi della volta a botte. Custodisce la statua equestre lignea di San Giorgio del 1597 (in restauro), imponente con la sua macchina processionale (un’opera, di Marco e Silvio Lo Cascio di Chiusa Sclafani, proveniente dalla vicina omonima chiesa, poi demolita nel 1960). La statua, in legno di tiglio, che raffigura San Giorgio, giovane cavaliere, guerriero con corazza, impennato sul cavallo nell’atto di uccidere il drago che tiene prigioniera la regina ai piedi della “vara”, simboleggia la vittoria del bene sul male. Alla base della macchina processionale - un fercolo in legno di salice e pioppo policromo e dorato - 8 formelle raffigurano scene della vita del Santo. Sul retro della “vara”, la scritta in latino ricorda l’anno di realizzazione (il 1597) e il successivo restauro del 1779. Un’altra opera pregiatissima è il Crocifisso ligneo su croce laminata in argento di fine ‘500: un reliquiario che custodisce un frammento della Santa Croce. Ogni 3 maggio, per la Festa del SS. Crocifisso dedicata all'Invenzione della Croce, è portato in processione sul fercolo processionale settecentesco. L’opera è attribuita ai fratelli Costanza, rinomati scultori, intagliatori e incisori sambucesi, noti per essere i principali artefici della produzione medaglistica dei Borbone sia a Napoli che a Palermo. Nel fercolo, in pregevole stile corinzio, alla base delle colonne binate che sorreggono la cupola a traforo lignea, due finissimi puttini in legno scolpito e dorato tengono in mano rispettivamente il gallo e la lanterna: simboli legati alla passione di Gesù Cristo. Gli altri quattro tengono in mano il martello, il chiodo, la scala e la lancia. Alla base del fercolo, due scene della Passione: la flagellazione e la caduta di Cristo. Per la Festa, dopo un’ottava con prediche, vespro e processione, il Simulacro veniva esposto sull’altare maggiore nella cornice di una Chiesa vestita a festa e illuminata dai ceri. La sera del 3 maggio, collocato nell’artistica bara costruita nel 1820 dai Costanza, era poi portato in processione per le vie dell’abitato dai Confrati, detti “nudi”, del SS.Crocifisso, in abiti dorati e argentati, preceduto da tutte le confraternite e il clero e seguito dalla banda musicale e dal popolo coi ceri accesi. Sull’altare maggiore, in marmo policromo e finiture in oro (del 1980 come l’ambone in legno), si trova la statua lignea di S. Michele, degli inizi del 1600, mentre, lateralmente, sulle pareti dell’abside si possono osservare le riproduzioni di due affreschi di Gianbecchina - maestro del ‘900, sambucese - raffiguranti due angeli con trombe. La chiesa custodisce anche una tela del 1700 riferibile alla scuola di Mariano Rossi, pittore italiano definito dalla critica “antibarocco”, ed un pregiato fonte battesimale in marmo alabastrino, ascrivibile alla produzione marmorea della seconda metà del XVI secolo, proveniente dalla Chiesa di Santa Maria Assunta: vi sono raffigurati tre mascheroni e una sirena di chiara matrice gaginiana ai lati della base e tre putti a rilievo sul fusto che regge la vasca (appartenente, in origine, ad altro fonte o acquasantiera).

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